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Di Francesco: «Ho scelto la Sampdoria perché questo è il posto giusto per fare il mio calcio»

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Di Francesco: «Ho scelto la Sampdoria perché questo è il posto giusto per fare il mio calcio»

Eusebio Di Francesco si presenta alla stampa. Da Casa Samp, dove è affiancato dal presidente Massimo Ferrero e dal direttore Carlo Osti, il nuovo allenatore blucerchiato parte con i ringraziamenti verso chi gli ha dimostrato tanta attenzione fino a convincerlo. «Grazie in primis alla società, al presidente e al direttore – sono le prime parole del neo-tecnico -, avevo voglia di tornare in pista dopo l’esperienza romana e penso che questo sia proprio il posto giusto per farlo. Sono un uomo di campo e sono qui per fare divertire la gente e fare anche dei risultati».

Corde. «Il presidente è stato bravo – va avanti Di Francesco -, mi ha convinto su tutto: ha toccato le corde giuste. E mi ha dimostrato la sua voglia di migliorare sotto l’aspetto tecnico-tattico. Gli obiettivi? Li detta la società non l’allenatore. Bisogna avere umiltà e voglia di migliorarsi. Negli ultimi anni la Sampdoria ha fatto bene, Marco Giampaolo ha fatto un bel lavoro. Spesso nel calcio parlare di progetto è utopistico, ma credo che qui si possa costruire qualcosa di importante».

Scelta. Genova è un passo indietro? «Macché, non è un passo indietro – dice con un bel sorriso -. Mi piace la storia della Samp, mi piace l’idea di avere alle mie spalle la Gradinata Sud. Sono fermamente convinto della scelta che ho fatto. Io ho scelto la Samp. Non mi sono messo in gioco, è un concetto diverso. Il derby? Lo voglio vivere, sarà coinvolgente. Non è una partita come le altre, mi auguro di poter continuare la striscia positiva».

Gioco. Poi il manifesto del Doria di Di Francesco. «Dovremo cercare di proporre gioco – spiega -. Dovremo essere aggressivi, fare la partita: questo è ciò che voglio. Dovremo anche aumentare il rendimento in trasferta. Poi è ovvio che dipende anche dagli avversari, ma questo è ciò che desidero portare nella mia squadra. A volte si dovrà soffrire, altre saremo chiamati a dominare. Ma è il concetto da inculcare è che bisognerà fare il proprio gioco, avere una precisa identità sempre e comunque».

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