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Cassano: «Non esiste un’altra squadra come la Samp»

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Cassano: «Non esiste un’altra squadra come la Samp»

Il talento di Barivecchia e l'amore per il blucerchiato: «Questa squadra mi ha ridato la felicità, quello che ho qui non lo trovo da nessun'altra parte al mondo… Resto fino a 34 anni, e poi chiudo in bellezza».

14_cassanoDescrivere giornalisticamente la conferenza stampa che Antonio Cassano ha tenuto oggi a Bogliasco è impossibile. Non è tanto un problema di temi, anzi, si tratterebbe semmai del contrario. Non è un problema di ciò che uno dei più popolari calciatori professionisti italiani – forse, il più in assoluto – dice in pubblico, sperando magari di arrivare da chissà quale parte. Non è nemmeno un problema di parole utilizzate, neanche questo. E' impossibile perché Cassano va fuori dal gioco, restando – con una naturalezza purissima – nel gioco. A ragionar sporco, si potrebbe immaginare che questo ragazzo di 26 anni reciti, ma come si farebbe a dirlo? No, no. Qui è tutto vero. E' meglio lasciarsi andare allora alla realtà e pensare che questo ragazzo di 26 anni sia veramente un giocatore di calcio, solo diverso. E il diverso fa paura, sempre, così Cassano è bersagliato dal bene comune, oggi come ieri, solo che Peter Pan sa difendersi. Come? Resta nel sogno, che probabilmente è la sua stessa vita. Un grande gioco, sempre, comunque, con l'incredibile accetazione e conoscenza delle regole di esso. E delle punizioni, che se le prendi un po' di volte, poi non ci fai più caso. Lucidissimo, divertente all'estremo, profondo, anche. Quando parla del mondo del calcio e dei soldi che lo tengono su. «Con tutto il rispetto per quelli che non ne hanno, ma io ne ho e che me ne faccio di volerne di più, adesso?». Boh, commentare oltre è assolutamente inutile. Ecco domande e risposte.

Antonio, come stai?
«Un po' stanco dopo la partita di ieri, c'era molto caldo, ma rispetto all'anno scorso mi sento molto meglio e per la prima di campionato sarò sicuramente pronto».

Ieri a Carrara c'era Marcello Lippi, ma se n'è andato a fine primo tempo, perdendosi lo spettacolo del tuo assist per Franceschini.
«Lippi sa quello che posso dare, io so la considerazione che lui ha di me. Mi ha sempre elogiato, anche durante il Mondiale, quando disse che mi avrebbe chiamato se avessi giocato con continuità. Non dovevo dimostrargli nulla in una partita contro la Carrarese».

Speri di essere convocato per la prossima amichevole che l'Italia giocherà contro l'Austria?
«Non lo so, questo lo sa meglio di me il Direttore Marotta…».

Inizia il secondo anno alla Samp, tutti ti aspetteranno al varco, dopo essere rinato in maglia blucerchiata. Senti pressione addosso?
«La pressione ce l'ho addosso da quando sono nato, ogni partita devo sempre dimostrare qualcosa, perché se ne sbaglio una sono tutti lì col cannocchiale. Anche quando vado in mezzo alla strada devo dimostrare alla gente che cosa non sono. Ci sono abituato a queste cose. Ora mi interessa solo star bene fisicamente, in campo non devo imparare niente da nessuno».

Che cosa ti ha spinto a restare alla Samp, visto che il parere determinante era il tuo, in fin dei conti?
«Veramente il parere determinante era di Marotta, che ci ha messo il grano, non mio… A parte tutto, qui ho trovato quello che non avevo mai trovato in dieci anni di calcio. C'è una società che mi fa sentire importante, a partire dal presidente, che mi vuole un bene dell'anima. In più ho trovato il Direttore Marotta, la prima persona nel mondo del calcio che mi capisce, e tutti i suoi collaboratori. Appena sbaglio qualcosa, mi mandano un messaggino per farmi sentire che mi sono vicini, non mi era mai capitato. Voglio rimanere qui ancora per tanto, anche perché il Direttore lo sa che dal momento che mi manda via gli metto la gente contro…».

Sei pronto allora per diventare una bandiera della Samp.
«Se parliamo di bandiere, non posso ancora parlare. L'unica bandiera della Sampdoria è Mancini, io forse tra sei o sette anni potrei avvicinarmi a quello che lui ha rappresentato per questa squadra. Poi la parola bandiera spesso sfocia nell'ipocrisia, ne sento tanti che la pronunciano ma poi voglio vedere se gli danno dieci euro…».

I soldi per te invece non sono una priorità.
«Io ho rinunciato a tanti soldi per la felicità, che non ha prezzo. La felicità l'ho trovata qui, anche se ho giocato nel club più importante del mondo, il Real Madrid, dove molti pagherebbero per poter andare. Ma è la Samp per me la squadra più importante, mi ha dato la vita, la fiducia, mi ha fatto tornare il sorriso. Con tutto il rispetto per quelli che ne hanno pochi: i soldi contano poco per me».

Conta di più la parola, pensiero comune all'ex ct azzurro Donadoni. Che ha pagato in prima persona l'eliminazione da Euro 2008. Che ne pensi?
«Che Donadoni è un grande uomo oltre che un grande allenatore, ha pagato perché dice sempre quel che pensa e perché dal primo giorno di ritiro ce li aveva tutti contro. Lui non è un filogiornalista, lui parla chiaro. Per me ha fatto un grandissimo lavoro in una situazione difficile: dopo il successo al Mondiale, potevamo solo vincerlo l'Europeo».

Tutti dicono che sei cambiato, Euro 2008 ne è la prova. Tu ti senti cambiato?
«Mi sento migliorato come uomo da quando sono alla Samp, Se prima facevo dieci cavolate al giorno, ora ne faccio cinque. Ma non sono cambiato, la mia indole è questa, anche se è giusto che negli anni uno migliori, altrimenti della vita non hai capito niente. Come giocatore invece sì, mi sento diverso. A 18-19 anni ero più solista, facevo un sacco di numeri, ora invece abbino la fantasia al contesto della squadra, come dice sempre Mazzarri».

Parlando di allenatori, come giudichi l'addio di Mancini all'Inter?
«Mancini non è stato tutelato, nonostante abbia vinto più di tutti all'Inter negli ultimi vent'anni. E' un grande, un altro di quelli che dice sempre quel che pensa».

Stesso cognome, piazza diversa. Tu conosci bene Amantino Mancini e conosci bene Roma e la Roma: anche lui ha cambiato aria.
«Le trattative si fanno sempre in due, se c'è distanza è logico che si dividano le strade. Mancini è rimasto legato affettivamente a Roma, ma penso abbia avuto qualche problema con la società».

Veniamo alla Samp, ti piace la nuova squadra?
«Mi piace molto, anche se abbiamo perso un giocatore importante come Maggio. Sono arrivati però due sostituti forti, più un giocatore di prospettiva come Dessena e un acquisto per me azzeccatissimo come Bottinelli».

Manca qualcosa?
«Non lo so, so solo che se a Marotta gli dai metà dei soldi che spende Corvino, vinciamo tre scudetti di fila. Lui è il Cassano dei direttori sportivi».

Dove può arrivare questa Samp?
«Possiamo fare bene, lottare di nuovo per la Uefa come l'anno scorso. Il mio sogno però è portare questi colori in Champions, nel giro di due-tre anni. Sarebbe come vincere un Mondiale».

Sogni e ricordi, quale il più bello da quando sei qui?
«Il primo giorno non lo scorderò mai. Mi hanno accolto quattro-cinque mila persone, proprio quando avevo chiesto affetto. Loro sono la mia gente, io sono il loro calciatore».

Quanti gol prometti al tuo pubblico?
«Per me i gol non sono importanti, se mi dici che a fine anno avrò fatto quaranta assist e zero gol ti dico va bene. Mi piace vedere i compagni sorridere, loro sono la mia vera forza, perché se non corrono per me io la palla la becco ben poche volte…».

Non hai mai pensato di andar via, dopo essere risorto alla Samp? Le senti le sirene di mercato?
«Le sirene non suonano se non le fai suonare, dipende sempre dal calciatore. Quando suonano vuol dire che uno vuole fare cassa e a me i soldi non interessano. L'ho detto al Direttore: restiamo qua a vita io e lui, poi io a 34 anni smetto e vediamo che succede».

Vorresti un giorno diventare l'allenatore della Sampdoria?
«Ma che allenatore? Se guido la squadra io becchiamo dieci gol a partita. Magari ci divertiamo davanti, ma becchiamo dieci gol a partita».

A proposito di dieci, perché non hai preso la maglia che fu di Mancini, tenendoti il 99?
«Se nessuno mi avesse detto di prendere il 10, io lo avrei preso. Invece ho letto di qua e di là che Cassano prende la 10 e mi sono tenuto il 99».

Il carattere è il tuo, lo riconosciamo.
«Glielo dico sempre a Marotta: immagina che con tutte le cavolate che ho fatto sono andato a giocare nel Real. Se non le facevo dove andavo? Sulla luna a giocare da solo?».

Sulla luna con te chi ci porteresti?
«Messi, che è il numero uno. Poi Ronaldinho e Cristiano Ronaldo. Il Milan ha fatto un grandissimo colpo prendendo il brasiliano, se torna a giocare non ce n'è per nessuno, solo Messi gli è davanti in questo momento».

E tu?
«Ma va, io faccio categoria a parte. Lasciamo perdere».

Che ne pensi invece di Juve e Inter, possono vincere la Champions?
«Non penso che la Juve possa vincere la Champions, perché ci sono squadre che da tre-quattro anni giocano insieme per quest'obiettivo, invece la Juve è tornata lì solo ora. L'Inter invece ha 25 elementi incredibili, più un allenatore coi due cogl… così. Questo si è presentato e parlava italiano, in più dove ha fatto promesse, ha sempre mantenuto, vincendo tutto. Credo che l'Inter nei prossimi tre anni possa veramente portarsi a casa ogni trofeo».

Torniamo a casa, Genova. Dicono tutti che ti ha colpito in modo particolare. E' vero?
«Genova è bellissima, me ne avevano parlato male, ma invece mi piace da morire. L'unica cosa è che secondo me si mangia poco bene, il pesto lo detesto, ma c'è sempre il sole, c'è il mare, la gente è calorosa. La preferisco a Madrid, lo so che sembra strano ma è la verità. Dove c'è il mare cambia tutto e poi io vivo affacciato sul mare e sono felice».

Genova è anche, forse soprattutto, il derby. Antonio, già una volta sei stato protagonista nella stracittadina. Ora si presentano altre due occasioni.
«Siamo più forti, lo sanno anche loro e non dobbiamo andarglielo a dire. Queste sono le mie partite e poi chissà perché prima del derby noi siamo tutti carichi, mentre loro cominciano a diventare bianchi. In campo non si sa mai, ma la realtà è questa. Forza Samp sempre».

Quanto ha contato, per chiudere, l'amore nella tua scelta di restare a Genova?
«Non mi piace parlare della mia vita privata, però vi dico che ha contato molto. La mia fidanzata non avrebbe potuto seguirmi se avessi cambiato e, visto che l'80% del merito del mio miglioramento è suo, non c'è nemmeno da parlare di dubbi. L'unica cosa è che lei è campionessa europea di pallanuoto, io no». E si rivolge a Marotta. «Direttore, facciamo un po' una squadra come si deve!».

La galleria. Clicca qui per guardare le immagini della conferenza stampa di Cassano.

Nella foto Pegaso, Antonio Cassano durante la conferenza stampa di Bogliasco.

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