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Zenga torna a casa: «Grazie presidente. La Sampdoria è un punto d’arrivo»

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Zenga torna a casa: «Grazie presidente. La Sampdoria è un punto d’arrivo»

«Torno a casa. La Sampdoria è un punto d’arrivo per la mia carriera». Si presenta così Walter Zenga al “Mugnaini”, in quel centro sportivo che conosce palmo a palmo e dove non vede l’ora di rimettere piede con la squadra: «Sono grato al presidente Ferrero per avermi scelto. Ha preso questa decisione per fare il bene del club e non voglio deluderlo. Non sono di passaggio. Un solo anno di contratto? Non vuole dire niente, se farò bene come penso andremo avanti insieme, altrimenti non voglio essere di peso».

Reparti. «Per quanto riguarda lo staff – continua il nuovo mister – volevo persone motivate e affiatate. Uno staff familiare, in pratica: gente che non fosse alla ricerca del contratto facile. Mi fido molto di chi mi accompagnerà in questa avventura. Cagni? Mi completa, mi bilancia, e poi lo conosco da una vita. Quasi ero imbarazzato a chiedergli se sarebbe stato disposto a farmi da vice, dato il rispetto che ho per lui. Allenando in America ho visto la cura che hanno nella preparazione dei reparti, per questo Gigi si occuperà della difesa».

Mercato. Detto della Samp in panchina, si passa al campo. «Cassano? Da qui al 3 settembre è lunga arrivare – replica Zenga -, se ne sentiranno tante. Prima però ci sono le comproprietà, poi altre questioni, come il ritiro. Come giocheremo? Potrei dirvi 4-3-3, ma molto dipenderà dal mercato e dagli uomini a disposizione. L’intenzione è di sfruttare al meglio le caratteristiche di ognuno. I nomi? Se ve li dico il prezzo sale. Eto’o? A me risulta sia un giocatore della Sampdoria».

Reputazione. Interrogato su come sia il rapporto con il presidente, il mister risponde così: «Ognuno deve essere quello che si sente di essere, per questo Ferrero mi piace. In giro si dicono cose non belle? La reputazione non importa, non bisogna dare troppo peso a ciò che dice la gente». Sembra incredibile, ma qualcuno ancora mugugna per la questione dell’Arsenal. «Io ho imparato a fregarmene un po’ – ribatte -, perché pochi si ricordano di Oporto e poi dei rigori di quella semifinale. Attorno a me c’è sempre qualche dubbio, ma mi interessa fare bene qui e poco altro».

Wembley. «La squadra del cuore non la scegli – ammette con sincerità l’allenatore -, ti capita e non la smettti più di tifarla. Diverso per la squadra per cui simpatizzi. Io scelsi la Samp, che andai a vedere anche a Wembley. Poi ebbi la fortuna di giocare qui. Tanto è cambiato da allora, però. Negli ultimi dieci anni ho accumulato più di 450 panchine e ricostruito una famiglia, ora ho sentito che era il momento di tornare. Con che obiettivo? Quello di centrare la parte sinistra della classifica e, intanto, fare un punto in più dello scorso anno».

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