Mihajlovic in esclusiva a Samp TV: «Qui mi diverto, sono contento così»
«Ho
sempre ragionato con il cuore – attacca Sinisa Mihajlovic nell'intervista esclusiva realizzata da Samp TV, ora disponibile sul canale YouTube blucerchiato -. Lavorare con la Serbia è stato un
sogno che avrei potuto continuare, ma quando mi è arrivata la
chiamata della Sampdoria ho pensato di sdebitarmi per quello che la
Sampdoria aveva fatto per me tanti anni fa, quando mi trovavo in
difficoltà».
Che cosa l'ha spinta a lasciare la panchina della selezione serba per la Samp?
«Sono
venuto chiedendomi ciò che avrei potuto fare per la Samp, non il
contrario. Ed è stato un rischio: quasi tutte le persone con le
quali ho parlato di questa mia scelta ritenevano fosse logico non
accettare. Con la Serbia avevo una situazione serena, avevo un
contratto per altri due-tre anni, potevo rimanere quanto volevo; e
anche la qualità della vita facendo il c.t., con più tempo libero a
disposizione, era senz'altro migliore. Là lo stress era concentrato
in pochi mesi, però a me mancavano gli allenamenti di tutti i
giorni, il campo, la tensione e tutto ciò che può portare preparare
una partita».
All'arrivo a Genova la squadra non navigava certo in buone acque, si può dire che accettare l'incarico sia stata una vera e propria sfida?
«A
me le sfide piacciono, le ho sempre raccolte, e per fortuna è andato
tutto bene e sta continuando ancora meglio. Sono soddisfatto, anche
se mi resta il rammarico di aver lasciato qualcosa a metà, nel
momento in cui avrei potuto raccogliere i frutti di un anno e mezzo
di lavoro. Quando sarò più vecchio e non avrò più voglia e forza
di impegnarmi tutti i giorni, mi piacerebbe tornare in nazionale. Poi
dopo si vedrà, adesso pensiamo alla Samp, mi diverto e sono contento
così».
Da giocatore nelle stracittadine neppure un sorriso, ma da tecnico doppia vittoria: quanta soddisfazione dona la vittoria in un derby?
«Mi
fa piacere avere vinto due derby, ma al derby io penso quando lo
dobbiamo giocare. In un anno ci ho pensato due volte e i risultati li
sappiamo tutti. Penseremo al derby quando dovremo incontrarli di
nuovo, sperando di ottenere sempre lo stesso risultato. So che per
Genova si tratta di una partita sentita, ma porta sempre tre punti:
non dobbiamo caricarci troppo, dobbiamo sapere che con la nostra
mentalità e il nostro spirito possiamo vincere contro il Genoa così
come contro chiunque».
Della Sampdoria si dice che sia una squadra offensiva e organizzata, merito del cambio di modulo dalla passata stagione a quella in corso?
«Per
me il 4-2-3-1 è più offensivo del 4-3-3: nel primo hai quattro
giocatori offensivi rispetto ai tre del secondo. Per come vedo io il
calcio, per la mentalità che voglio e il pressing alto, mi piace più
il 4-2-3-1; però devi guardare anche le caratteristiche dei
giocatori e sapendo che noi sulle fasce abbiamo Gabbiadini ed Eder
che si dovrebbero sacrificare molto di più con un centrocampista in
meno, preferisco giocare con un centrocampista in più, doverli
abbassare dietro la linea di metà-campo soltanto in caso di
difficoltà e averli quindi più freschi e determinati davanti alla
porta. L'equilibrio è fondamentale e loro ci stanno dando una grossa
mano, diventando i nostri primi difensori. I risultati sono merito di
tutto il gruppo ma anche dei nostri attaccanti».
La crescita di alcuni giocatori, prima indecifrabili oppure ritenuti sul viale del tramonto, può essere attribuita alla sua gestione del gruppo?
«Bisogna
essere sempre leali con i giocatori. Occorre dar loro fiducia: io non
guardo l'età, guardo se uno è forte o non è forte. So che non è
facile, so che magari lo fanno in pochi, però io mi prendo i miei
rischi perché io faccio giocare i giovani, e l'ho dimostrato anche
nazionale cambiando 18 giocatori e abbassando l'età media a 21-22
anni. So che i giovani una partita la possono fare male, non ti danno
continuità, ma so che, se gli dai fiducia e anche quando sbagliano
giocano, in un domani a breve termine possono darti più di uno di
26-27 anni che in quel momento mi darebbe più garanzie. L'obiettivo
è farli diventare più forti anche se sicuramente in Italia spesso e
volentieri non ti lasciano il tempo di farli crescere. Io non la vedo
così e sono sempre pronto a rischiare, lo ero in nazionale e lo sono
con il club: lavoro pensando di lavorare 20 anni in un posto,
consapevole di poter essere mandato via anche l'indomani. Mi prendo
le mie responsabilità e vado avanti contro tutti: se voglio far
crescere un ragazzo e far sentire parlare di lui come sta accadendo
con Okaka, con Soriano, con Obiang, come successe con Mustafi, solo
per citarne alcuni, è anche un mio motivo di orgoglio».
Diversi obiettivi sono stati centrati nell'arco di questo anno insieme, ma a cosa devono guardare come traguardo la Samp di Massimo Ferrero?
«Non
è facile dichiarare un obiettivo prima che cominci il campionato,
non vedo tanti allenatori che dicono in anticipo che partono per
vincere questo o quello. Io l'ho fatto perché sono convinto. Ho
visto come abbiamo lavorato l'anno scorso e il modo in cui ci siamo
salvati è sembrato quasi un miracolo. Adesso li conosco meglio, ho
passato tutta la preparazione insieme a loro e in più sono arrivati
giocatori più esperti per i quali si vede che gestiamo meglio le
partite. Poi lavoro di testa con tutti e so che diventa fondamentale
porsi un obiettivo, conquistandolo giorno dopo giorno. Solo questo ci
permette di toglierci soddisfazioni e di vivere quelle sensazioni che
adesso stiamo vivendo. Questa squadra può e deve migliorare, ma è
anche vero che nessuno poteva aspettarsi un inizio simile: ci siamo
conquistati tutto, forse ci manca addirittura qualche punticino e il
nostro obiettivo resta la parte sinistra della classifica. Poi se tra
20 giornate saremo dove siamo adesso naturalmente si potrà fare
qualche pensierino in più. L'importante è rimanere lassù il più
possibile, pensare partita dopo partita e conquistare più punti
possibili. Si vedrà nel tempo dove possiamo arrivare».
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