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Ultras Tito: lettera aperta al ministro Giovanna Melandri

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Ultras Tito: lettera aperta al ministro Giovanna Melandri

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta scritta dagli Ultras Tito Cucchiaroni al Ministro dello Sport e delle Politiche Giovanili, Giovanna Melandri.

20_tifosiChi le scrive sono gli Ultras Tito Cucchiaroni, uno dei gruppi ultras più antichi d'Italia. Siamo infatti nati nel 1969 e allora c'erano i nostri padri a mandare avanti le cose come noi stessi facciamo oggi. Crediamo sia importante che lei, come ministro delle politiche giovanili, sappia qualcosa di più di questa entità astratta denominata "Gruppo Ultras", che ha invece radici sociali, modi di agire, etiche di comportamento ben precise.
Il gruppo Ultras, parliamo del nostro ma sappiamo per conoscenza diretta che lo stesso vale per altre centinaia di realtà italiane, aggrega decine, centinaia e migliaia di giovani. Badi bene, non parliamo unicamente dello spazio domenicale dedicato alla partita di calcio; parliamo anche e soprattutto dei restanti giorni della settimana, quando la sede del gruppo è occasione di incontro per persone con diverse radici, diverse professioni ed esperienze di vita, diversa estrazione sociale. Ci si incontra, si interagisce, nascono amicizie, amori, rapporti di lavoro. Spesso e volentieri all'interno della città il gruppo e la sua sede si sostituiscono a quello che pochi lustri or sono erano le sedi di partito e le parrocchie. Un luogo dove stare insieme al di là di qualsiasi etichetta la vita e le sue logiche cerchino di appiccicarti. A ben vedere il fatto di tifare per una stessa squadra, la Sampdoria nel nostro caso, è importante soprattutto per far si che persone che mai si sarebbero potute incontrare abbiano invece occasione di conoscersi.
All'interno del gruppo tante persone trovano riscatto da una vita avara di soddisfazioni, o esprimono talenti e capacità che altrove non sono apprezzate o richieste. Ognuno ha una mansione e ognuno e a suo modo indispensabile agli altri e al contesto generale. Questo ne fa molto spesso una ragione di vita, positiva, aggiungiamo noi.
C'è poi un qualcosa in più, ossia il fatto che di generazione in generazione si cerca di tramandare un'etica di comportamento che ci possa contraddistinguere, allo stadio ma anche nella vita, basata sulla lealtà, sul rispetto e sul totale diniego a piegarsi alle imposizioni. Questo mix di valori fondanti della nostra cultura ci ha portato negli anni a eccessi propri di chi con totale dedizione si dedica ad una causa sbagliando molto, a volte molto pesantemente, e subendo, questo va detto chiaro, le conseguenze delle nostre azioni, dei nostri eccessi. Pochi sono quelli che tra noi non hanno pagato salatamente, siano essi stati in seguito riconosciuti colpevoli o innocenti.
Con la legge di cui lei è co-firmataria si introducono criteri ulteriormente repressivi verso chi si macchia di reati "da stadio". Si introducono e inaspriscono criteri totalmente liberticidi e anticostituzionali quali la diffida preventiva (un abominio per uno stato di diritto) e la flagranza differita (idem come sopra). Questo per dare in pasto all'opinione pubblica un cosiddetto giro di vite a fronte di un fatto tragico e inaccettabile come la morte di un uomo in occasione di una partita di calcio. Il guaio grosso è che oltre quanto sopra, che già di per se sarebbe materia per un lungo seminario, ma nello specifico del quale non vogliamo nè possiamo entrare, dando per assunto che le leggi ci sono e vanno rispettate (chi non lo fa va consapevolmente incontro a pene e sanzioni), la legge di cui lei è co-firmataria introduce tutta una serie di burocrazie e balletti di richieste per portare al loro interno ciò che ha reso gli stadi italiani i più colorati, invidiati e copiati di tutto il mondo. Striscioni. bandiere, tamburi e coreografie. Noi e le centinaia di ragazzi che in noi ci riconoscono ci siamo dovuti chiedere: ma questo cosa c'entra con il problema della violenza negli stadi? E ancora, qualcuno crede davvero che non facendo entrare il materiale dei gruppi organizzati ci sia un contributo nel riportare le famiglie allo stadio, o nel combattere la violenza? E infine… c'è forse una volontà ben precisa nel colpire direttamente i gruppi organizzati ben sapendo che minandoli alle fondamenta delle loro attività (cori, coreografie, trasferte) faranno tripla fatica a restare in vita?
Qualche risposta a questi quesiti noi ce la saremmo anche data ma avremmo piacere, come tifosi e come cittadini italiani di avere queste semplici risposte direttamente e pubblicamente da lei.

In fede,

ULTRAS TITO CUCCHIARONI SAMPDORIA 1969

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