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La carriera di mister Zenga, una vita da vincente giramondo

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La carriera di mister Zenga, una vita da vincente giramondo

Stati Uniti, Italia, Romania, Serbia, Turchia, Emirati, Arabia, ancora Italia e poi Arabia Saudita e ancora Emirati Arabi. Il passaporto da allenatore di Walter Zenga è ricco di timbri. Ora però è tempo di tornare a casa, o meglio laddove l’ex Uomo Ragno ha avuto casa tra il 1994 e il 1996, ai tempi dell’esperienza a difesa della porta blucerchiata. Zenga rientrerà così a Marassi per essere padrone dell’area, non più di rigore ma tecnica.

Revolution. Alcuni lo chiamano globetrotter, come quegli uomini che alla fine dell’800 si sistemavano il cappello, puntavano il dito su un angolo del pianeta e si industriavano per raggiungerlo. E un po’ lui gli assomiglia, tanto che nel ’97 butta i guanti in valigia e da Padova prende un diretto per Boston, dove si aggrega ai New England Revolution. Che poi è anche la squadra dove per la prima volta sperimenta cosa significhi avere il fischietto al collo, gli schemi in mano e lo spogliatoio in pugno. Nel ’99 chiude con l’MLS e fa tappa a Brera, in Serie D. Campi duri e ingrati: il posto giusto per pensare a che fare da grande.

Balcani. Dal 2002/03 c’è la firma con la National Bucarest. Un campionato oltre la linea laterale e poi un paio di mesi – da settembre a dicembre – dietro la scrivania, con il ruolo di direttore sportivo. Quindi arriva la chiamata dalla blasonata Steaua, stesso campionato – la Liga I -, ma decisamente più potenzialità e ambizioni: al primo colpo è subito titolo, il numero 22 nella storia dei Viteziştii. Termina l’anno e Zenga cambia ancora: la zona geografica rimane la stessa – i Balcani -, ma questa volta si va a Belgrado.

Offerta. Ambiente caldo, quello della Stella Rossa, e pure esigente. Ma il primo allenatore non jugoslavo della storia del club fa subito centro: diventa campione di Serbia e Montenegro e vince la Coppa Nazionale. Esce dal Marakana fra una cascata di applausi e da imbattuto in casa, ma non resta con le mani in mano: nel 2006 si infila un biglietto aereo in tasca e sceglie la Turchia e il Gaziantepspor. L’inizio è discreto, a Zenga però presto arriva una di quelle offerte che non si possono rifiutare.

Arabo. Per seguirlo bisogna puntare gli occhi un po’ più a sud sul mappamondo: negli Emirati Arabi. Esperienza lampo all’Al-Ain, giusto il tempo di imparare a masticare un po’ l’arabo, perché potrebbe sempre servire. Poi, nel 2007, di nuovo Bucarest, sul terzo lato del triangolo: la Dinamo. Avvio convincente, poi due sconfitte e la volontà di cambiare ancora, questa volta prendendosi un po’ di tempo scegliere.

Serie A. E difatti la chiamata giusta arriva e ha il +39 davanti. Il Catania, dopo un buon girone d’andata, è in grossa difficoltà e vede a rischio la sua partecipazione alla Serie A 2008/09. Si decide così di puntare tutte le fiches sul girovago milanese, e il risultato è immediato: gli etnei conservano un punto di vantaggio sull’Empoli e restano nella massima categoria. Ma non finisce qui, perché Zenga conferma quando di buono fatto intravedere e non solo salva il Catania, ma demolisce il record di punti. I consensi non bastano a frenarlo in un posto, perché Walter ha conservato degli anni migliori quella voglia irresistibile per gli amori da mordi e fuggi. Si cambia di nuovo.

Bentornato. Sempre Sicilia, ma Palermo. Esperienza strana e anche un po’ corta (13 giornate), ma non negativa. Quindi il ritorno in Medio Oriente, più precisamente all’Al-Nassr. Poi le tende a Dubai: prima l’Al-Nasr e dopo Al-Jazira. Ora però – con oltre 400 panchine da professionista nel bagaglio – è venuto il momento di tornare. La strada la conosce bene, bentornato Walter. E buon lavoro.

LA SCHEDA: walter_zenga

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