Il punto di Marotta: «Questa società, un modello invidiabile»
Il direttore, felice per la conquista della Champions League, non perde occasione per menzionare ancora una volta la proprietà: «Ringrazierò sempre la famiglia Garrone per l'autonomia lasciatami in questi anni».
«Sono estremamente felice. Non avevo mai raggiunto un traguardo del genere. Quando siamo arrivati nella società avevamo un piede e mezzo in serie C, ma in otto anni siamo riusciti a guadagnare addirittura una qualificazione in Champions, il che non può che essere una fonte di grande soddisfazione». Così ha esordito Giuseppe Marotta ai microfoni dei giornalisti in mixed-zone al termine della partita contro il Napoli. E ha ragione. Sono passati ormai otto anni da quando approdò alla corte di Riccardo Garrone, con una Sampdoria impelagata nelle zone basse della classifica di Serie B. Da allora, di tempo ne è passato, e tanto, ma il binomio Marotta-Sampdoria è rimasto indissolubile fino ad ora. Fino ad ora appunto, perché il ciclo sta per arrivare alla sua naturale conclusione.
Elogio. Il giorno del saluto è infatti sempre più vicino. Ed è lo stesso dirigente doriano a dirlo, non prima però di aver elogiato i "suoi" ragazzi, capaci di regalare all'intera Genova blucerchiata una qualificazione in Champions League a dir poco insperata alla vigilia del campionato: «La settimana prossima vi parlerò del termine del mio ciclo, ma ora voglio parlare della giornata di oggi, che è il coronamento di un girone di ritorno straordinario con 41 punti conseguiti: siamo riusciti tutti insieme a dare il massimo delle nostre risorse».
Commiato. «Avrò sempre la Sampdoria nel cuore. Ero già simpatizzante prima, ma oggi lo sono ancora di più. Non sempre però si può restare in una società a vita. Nei prossimi giorni spiegherò perché ho accettato altre alternative, ma il rispetto per tutte le componenti della società ovviamente rimane ed è forte» ha poi proseguito, come a ricordare che dentro di lui i colori blucerchiati rimaranno dentro, nella pelle, a vita.
Assicurazione. Ed è proprio per questo che, a dispetto di quanto hanno scritto in questi giorni alcuni giornali, Marotta tiene a precisare che «non sarò io quello che porterà via alla Samp i suoi gioielli: giocatori come Pazzini, Palombo, Cassano e Poli sono un patrimonio straordinario di questa società, il cui modello dovrebbe fare invidia a tutti. I risultati, infatti, non si ottengono investendo solo capitali, ma soprattutto investendo in competenza, motivazione e serietà; il tutto aiutato da un ambiente incredibile. Il nostro pubblico dopotutto non lo devo scoprire certo io: è sempre stato davvero il dodicesimo uomo in campo».
Nella foto Pegaso, un raggiante Beppe Marotta abbraccia Antonio Cassano dopo la vittoria.