La fiaba di Okaka: «Tre anni fa mi davano per finito, ora segno in Nazionale»
Castiglion del Lago. Din don, suona il campanello e apre Stefano Okaka, promessa mancata del calcio degli Anni 10 del ventunesimo secolo. Ha il fisico possente, sprecato per qualunque cosa non contempli lo sforzo fisico, e pianta lo sguardo per terra quando gli chiedete cosa sia successo nei lustri passati, tempi in cui era definito una stellina del pallone. Ma lui ha smesso di calcare i campi della A da tempo. Presto, troppo presto per uno con i suoi mezzi tecnici. E la colpa di chi sarebbe? Della mancante fiducia in sé stesso e della benzina esaurita con esagerato anticipo. Bene, questo finale alternativo della storia scordatevelo pure, perché tre anni fa, forse, il colosso di origini nigeriane ci avrebbe pure potuto pensare a mollare il calcio e ad appendere le scarpe al chiodo; ma quando ha conosciuto Sinisa Mihajlovic tutto è cambiato. «Il rapporto con il mister è stato fondamentale per la mia carriera – dice il numero 9 ringraziando il serbo in coda alla gara contro l'Albania, da lui decisa con un colpo di testa -, abbiamo un rapporto come tra padre e figlio. Mi ha cambiato, trattandomi fin dal primo giorno da uomo onesto».
Stadio. «A vent'anni, secondo qualcuno, ero un giocatore finito – continua il centravanti blucerchiato -, ma Mihajlovic mi ha rilanciato nel calcio che conta e di questo gli sarò infinitamente grato, per sempre. Se ora sono qui ad esultare nel mio stadio per un gol al debutto in Nazionale lo devo soprattutto a lui». Di questa straordinaria canzone è stato scritto un altro verso, ma nel ritornello ci si continua a chiedere dove possa arrivare Okaka. «Non so dove posso arrivare – risponde l'azzurro -, so che devo vivere alla giornata. Domani mi godrò ancora questo gol, poi andrò avanti pensando alla Sampdoria».
Bandiere. L'Albania non è esattamente una delle selezioni più blasonate del Vecchio Continente, però è stata avversaria tosta, anche perché più che a Marassi sembrava di essere al "Qemal Stafa Stadium" di Tirana. «Questa sera lo stadio mi ha fatto un effetto strano – commenta Stefanone, che tra queste zolle genovesi ha fatto le sue fortune -. Pensavamo di vedere tante bandiere tricolore, invece erano praticamente tutte albanesi. Questo è un segnale per l'Italia che ha dimostrato di essere cresciuta in fatto di intagrazione. Il mio gol sarebbe un'autorete? Sicuramente sarebbe entrata lo stesso».