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L’Italia riscopre Cassano: «A Genova sono cambiato»

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L’Italia riscopre Cassano: «A Genova sono cambiato»

Dal ritiro azzurro di Coverciano, Fantantonio parla a ruota libera:
«Nella mia carriera ho fatto disastri inenarrabili ma l'età mi ha
fatto maturare. La Samp? Rimarrei a vita. La Nazionale? Voglio
continuare così».

05_cassano-pazziniParole,
smorfie, gesti. Sorrisi e buoni propositi. La solita, irriverente,
simpatica schiettezza. Antonio Cassano ci aveva abituati così.
L'appuntamento era quello classico dell'estate: gel in testa e cuore in
mano, nella canicola ferragostana di Bogliasco. Quest'anno il
programma è cambiato. Slittato di qualche settimana e di 240
chilometri. A Coverciano, Firenze, il blucerchiato si trasforma in un
azzurro intenso. Si parla di Nazionale, di numeri 10, di quel che è
stato, di quel che avrebbe potuto essere e di quel che sarà. Ma più
di qualche pensiero non può che tornare là, dove l'emigrante di
ritorno ha trovato la sua America. Ed è diventato Fantantonio.
Idolo, simbolo e uomo. «Alla Sampdoria rimarrei a vita. Cosa devo
dire di più? Pagare per restare?», ammette candidamente Antonio in conferenza
stampa, a due giorni dallo show di Tallinn. Uno show che gli ha regalato le copertine del Belpaese. Stavolta non per spot, né per gossip né per qualche cassanata.

Genova.
«Nella mia carriera ho fatto disastri inenarrabili ma l'età mi ha
fatto maturare – continua a ruota libera il 99 del Doria -. A Genova
sono cambiato, anche grazie allo staff che mi segue e che mi era
stato messo a disposizione di Marotta. Carolina? Mia moglie mi ha
cambiato la vita e la ringrazierò per l'eternità: è la cosa più
bella nella vita. Del Neri? Un vero uomo, mi voleva seconda punta, io
non la facevo e mi ha messo fuori. Mi sono arrabbiato ma quando sono
tornato, ho segnato dei gol e mi ha reso devastante.
Garrone? Col presidente ho un rapporto speciale: dovevo andare alla
Fiorentina, poi mi sono confrontato con lui e sono felicemente
rimasto alla Samp».

Italia.

«Voglio riprendermi il tempo perso, ma non posso prendermi la
Nazionale sulle spalle – precisa -. Non sono un leader, ci sono giocatori con 60
presenze, penso a Chiellini e più che altro a De Rossi, loro lo sono. Prandelli?
Il mister è una persona fantastica, sta credendo in me come uomo e
non posso far altro che ringraziarlo. Sono partito bene in azzurro e
spero di proseguire così, giocando i prossimi Europei e i Mondiali,
poi basta: a 32 anni non ce la farò più», scherza Peter Pan. «Un
rimpianto? Con la testa di oggi, avrei vinto di più. Un sogno? Mi
piacerebbe giocare di nuovo con Totti. Ovviamente non alla Roma,
magari qui in azzurro. Lo Scudetto? Al Milan, l'Inter è sempre forte, ma occhio alla Juve».

Matto.
«Soltanto Maradona vinceva le partite da solo. Io non sono Diego,
anche se prima pensavo di esserlo. Pensavo ai colpi, alle cavolate.
Penso a Roma e a Madrid, agli errori che ho fatto, soprattuto con
Capello. Quando ho capito che le cose non andavano così, ho capito
di essere sulla strada giusta: con 10 compagni al fianco, ascoltando i
consigli degli allenatori e della gente che mi circonda, mi sono
sentito più forte. Il ruolo? Mi sento seconda punta, ma gioco anche
esterno sinistro, ci mancherebbe. L'importante – conclude Cassano – è non fare il terzino
o il mediano. Il numero 10? A me non interessa: datemi anche il 22.
Sapete cos'è il 22? Il matto, io son matto, datemi quello…».

Nella foto Pegaso, Antonio Cassano col compagno di reparto azzurro e blucerchiato Giampaolo Pazzini.

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