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L’intervista del presidente Garrone a “Il Secolo XIX”

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L’intervista del presidente Garrone a “Il Secolo XIX”

Lunga e bella intervista del presidente Garrone a "Il Secolo XIX" per raccontare sei anni di presidenza: la riproponiamo su sampdoria.it in versione integrale.

05_secoloxixGarrone: «Sarà grande Samp»
«Con i risultati forti la squadra si finanzia da sola. Ma l'enorme salto ci potrà essere col nuovo stadio»

Genova. Oltre due ore per raccontare sei anni. Riccardo Garrone è presidente della Sampdoria dalla fine del marzo 2002 e in questa lunga intervista parla di un amore scoperto per caso e poi cresciuto giorno dopo giorno, degli inizi difficili, dell'incontro decisivo con Marotta, delle lotte dichiarate, e vinte, al Palazzo, di un ministero (quello dello Sport, guidato dalla Melandri) che «ha fatto egregiamente il proprio dovere», del momento magico attuale, dei grandi sogni futuri, di un calciatore che adora, che vorrebbe tenere a Genova, e che gli fa dire: «Quando vedo giocare Cassano mi commuovo».

Presidente Garrone, si parte dal principio, no?
«Il principio fu un ingresso nel calcio non per libera scelta. Fummo, io e la mia famiglia, vittime di un sapiente raggiro ideato da Dossena e da noti truffatori, raggiro per il quale vi è ancora un processo in corso. Accettai di fare da garante tra un noto principe arabo, che poi seppi non ne sapeva niente, e la proprietà di allora, perché l'operazione fosse trasparente. Scomparso il principe, il cui nome era stato usato, decidemmo con la mia famiglia di scendere in campo a difesa del nome che portiamo e al quale teniamo molto».

Le si aprì un mondo nuovo…
«Il mondo del calcio, un mondo singolare del quale non sapevo niente. L'unico che lo conosceva, ma a livello di passione, senza sapere niente delle dinamiche del palazzo, era mio figlio Edoardo. La società era inesistente, i giocatori, a parte Francesco Flachi e pochi altri, non garantivano molto. Era una squadra da C, che poi fu evitata per un pelo. Avemmo la fortuna di incontrare Beppe Marotta…».

Come avvenne l'incontro?
«Paolo Lanzoni, oggi consigliere d'amministrazione Erg, allora amministratore delegato di Deutsch Bank Italia, consigliò di rivolgersi ad Antonio Guastoni, oggi vicepresidente della Sampdoria holding. Contattammo Doriano Tosi, manager imprestato al calcio, allora al Modena. Raggiungemmo l'accordo, ma per motivi familiari lui rinunciò. Fu in quel momento, con la società già da gestire, che contattammo Marotta, con cui trovammo subito l'accordo. Lui capì con chi veniva a lavorare. Mi consigliò Novellino, finì la stagione con l'Atalanta e poi arrivò a Genova. Legato a quel periodo, ai mesi successivi, ho uno dei ricordi più belli, insieme alla festa promozione a piazzale Kennedy, sul bus inglese, con un mare di gente attorno: la presentazione della nuova squadra, davanti a 18mila persone. In quella circostanza dissi "Cercheremo di salire in A in 2-3 anni". Ci siamo riusciti alla prima».

I primi anni vedono una squadra in continua ascesa, giusto?
«Sì, anche se io mi impegnai subito a definire i paletti di spesa. La gestione è stata improntata al rigore. L'anno successivo non aderimmo alla legge spalmaperdite, perché ci pareva immorale e vergognosa. Questo significò maggiori costi. La società ha sempre operato bene, ma per noi le perdite sono state notevoli. Gli euro spesi nella Sampdoria superano i cento milioni».

Adesso, però, la gente vorrebbe sognare. Come coniuga il sogno e il rigore nel bilancio?
«Viviamo un momento magico, tutti sognano. Ma per il futuro ci sono tante variabili, ad esempio la Samp con o senza Cassano. Poi c'è quell'obiettivo, io non sono scaramantico ma gli altri sì: mi adeguo e non lo dico».

Intende la Champions League?
«Appunto, ho già detto che non conosco l'inglese. Non so, valuteremo, a patto che si rimanga più o meno nell'ambito dei costi-ricavi stabiliti».

Riporta sempre tutti con i piedi per terra…
«A parte gli investimenti, io ho dedicato molto tempo e molte forze al calcio. Non pensavo, quando decisi, che sarei entrato nella fossa dei leoni, anche con qualche sciacallo».

Si riferisce al governo del calcio?
«Sì, allora la Lega era a presidenza Galliani. Il calcio è lo specchio del Paese, ma in peggio. E visto che lo Stato che abbiamo fa paura, immaginiamoci cosa è il calcio. Quando arrivai, dopo due assemblee, pregai Galliani di mettere ordine alle riunioni. Dalla platea tutti parlavano, ma a Galliani stava bene così, in questo modo, nel casino generale, non si cambiava nulla. Poi, quando c'erano da prendere decisioni importanti, entrava in scena il Fantasma (Moggi, n.d.r.). Lui parlava con tutti, con me ovviamente non si è mai fatto sentire, e alla fine i voti di tanti presidenti erano opportunistici. Sempre a vantaggio delle tre grandi. Da lì iniziai con le prese di posizione in Lega e pubbliche, sui giornali».

Nacque il consorzio…
«Con Fiorentina, Lecce, Cagliari, Livorno, Palermo e Sampdoria. Durò poco, perché alcuni aderenti, tra cui personaggi molto importanti, rinnegarono le regole sottoscritte. Alla fine, ed era il marzo 2006, mi ritrovai solo. La Sampdoria incontrava una grande, la Juventus, e io dissi che non avrei fatto scendere in campo la squadra, o avrei mandato la Primavera. Dovevano essere con me Fiorentina e Palermo. Ma poi diventarono più tiepide. Carraro, allora presidente della Figc, mi chiese di non farlo. Decisi di lasciar perdere; poi capii perché qualcuno non voleva seguirmi (l'allusione è alla Fiorentina, con Della Valle coinvolto nell'inchiesta sullo scandalo del calcio, n.d.r.)».

Arrivò Moggiopoli a sparigliare le carte. Ma anche lei finì davanti ai magistrati…
«Un momento amaro. Ero tranquillo, non avevo nulla da nascondere. Fui prosciolto nelle inchieste, sportiva e giudiziaria. Mi spiacque solo per i tifosi della Sampdoria, che mi vogliono bene. Del resto, loro stessi mettevano gli striscioni, contro il palazzo. Una soddisfazione l'ho avuta, in questo caso, anche da parte genoana. Un tassista non mi fece pagare la corsa: "Sono genoano, presidente, ma apprezzo quel che fa per migliorare il calcio". Anche se non sempre (e ride, n.d.r.) dai genoani sono arrivati complimenti».

Cioè?
«Una volta, erano i tempi in cui proponevo lo stadio nuovo a Trasta, ero sull'autostrada e c'era un rallentamento. Vedo uno che si agita, tiro giù il finestrino e questo signore mi dice: "Sciù Garrun, Marassi nu se tucca, tuccu de merda"».

Gli insulti in Lega saranno stati peggiori. Ma alla fine ha vinto lei.
«Secondo me, mi sono stati dati meriti più grandi di quelli che ho avuto. Ho finito per essere stato contattato dal ministero dello Sport, dalla Melandri, per aver vissuto questi problemi in prima persona. La Triade stava distruggendo un patrimonio del popolo italiano. E devo dire che il ministro ha lavorato bene. Ha avuto grandissimi meriti: quello di far approvare la legge sulla vendita centralizzata dei diritti tv, e mi pare ridicolo che Sky faccia ricorso all'Ue, quando l'Ue dà disposizioni esattamente contrarie a ciò che si contesta, per la vendita collettiva; quello di spingere la realizzazione di nuovi stadi, unico modo per garantire fruibilità e sicurezza. E voglio dire che, se tutto questo fosse avvenuto sotto il governo Berlusconi, avrei detto le stesse cose, non è una presa di posizione politica. Ma non poteva succedere, perché c'era Berlusconi, e Berlusconi è il Milan. Nel 2004 la commissione Adornato presentò un libro bianco sul calcio. Galliani e soci dissero che ci avrebbero pensato su, che avrebbero fatto qualcosa. Hanno messo quel libro nel cassetto, volevano impedire che il calcio cambiasse, diventasse più equilibrato, meno noioso».

Ora che sta per accadere, come vede il futuro della Sampdoria?
«Dobbiamo studiare. Cerchiamo di tenere Cassano, ma Cassano sì, Cassano no è già una bella variabile».

Cassano la diverte, come Mancini divertiva Mantovani?
«Non mi diverte. Io, a veder giocare Cassano,mi commuovo».

Chi vorrebbe accanto a lui? Non dica che non si intende di calcio, non ci crede più nessuno.
«Non spetta a me, i ragazzini mi chiedono di comprare Ronaldinho».

A parte Ronaldinho?
«Se guardo avanti, vedo una Sampdoria forte. Con risultati forti, la squadra si finanzia in modo virtuoso. Gli sponsor commerciali e quello tecnico possono dare un grande aiuto. E poi l'enorme salto ci potrà essere con il nuovo stadio. Ad esempio, con la presenza di nuove telecamere si possono agganciare mercati nuovi come quello cinese e quello giapponese. In finanziaria ci sono 20 milioni di euro stanziati per i nuovi stadi, in modo che gli interessi siano abbattuti praticamente a zero. I progetti devono rispettare criteri severi, il comitato che decide è guidato da Pancalli. Sono certo che il nostro stadio rientra tra questi».

Paolo Giampieri
da "Il Secolo XIX" di sabato 5 aprile 2008

Nell'immagine, la pagina de "Il Secolo XIX" dedicata al presidente Riccardo Garrone.

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