Ricordo di Paolo Mantovani, un uomo fuori dal tempo
Quindici anni dopo la scomparsa, il ricordo del presidente che portò la Sampdoria allo scudetto, rendendola famosa nel mondo per il suo stile.
Molti ricorderanno la curiosa e divertente storia degli orologi al polso delle comparse nel pluripremiato kolossal Ben Hur. Se qualcuno non la conosce, non ci vuole molto a raccontarla.
Gli orologi. Semplice: alcuni mestieranti di cinema, ingaggiati come legionari per il film, probabilmente venivano pagati all'ora e – durante le riprese – si dimenticarono di slacciarsi il cinghino. Risultato: sui maxi schermi di tutto il mondo si videro due legionari suonatori di tromba con il Rolex sul pelo irto degli antichi uomini latini. Gli acuti, i maniaci e i rompiballe notarono la cosa. Che fece discutere, ma non tolse neppure un Oscar a Ben Hur, tutt'oggi una delle produzioni più celebrate di sempre.
Paolo Mantovani. Che c'entra questo con Paolo Mantovani e la sua Sampdoria? Anacronismo. Dal greco, contro-tempo. Esattamente questo. La Samp del presidente più amato e più grande della storia blucerchiata era come quegli orologi lì. Contro tempo, fuori dal tempo. Tanto è vero che lo stesso Mantovani, quando gli chiesero se la sua squadra avrebbe mai potuto vincere lo Scudetto, disse: «Sarebbe come se l'Italia dell'atletica battesse gli stati Uniti». Chissà, forse a questa frase non ci ha mai creduto nemmeno lui, perché il sogno dentro Mantovani lo aveva. Eccome se lo aveva. Così forte da contagiare tutti, non solo i tifosi della Sampdoria. Però le cose stavano così, effettivamente. Come erano sempre state, come sarebbero rimaste dopo. Con Juve, Milan ed Inter a dividersi glorie provenienti dalle indiscutibili maggiori risorse. A girare film perfetti, con budget clamorosi e attori da copertina, senza orologi al polso di legionari qualunque. E chi direbbe, codici alla mano, che un orologio in un film di antichi romani potrebbe non pregiudicare la bellezza di 11 Oscar? Uno che di cinema non sa nulla, ovvio.
Promesse. La stessa cosa che dicevano a Paolo Mantovani all'inizio della sua avventura nel calcio. «Di questo sport non conosce niente, dove vuole andare?». Di quello sport Mantovani sapeva, eccome. Portò a Genova Roberto Mancini, Gianluca Vialli, Gianluca Pagliuca, tre nomi fatti non a caso. Perché ai tempi, si trattava di tre promettentissimi giovani, ma promettentissimi e basta. E' facile parlare dei Vierchowod, dei Francis, dei Brady, dei Gullit, dei Platt, dei Cerezo. Supercampioni. Quei tre il Presidente se li era andati a cercare, come accadde poi con molti altri. Cui Mantovani si affezionava al pari di figli. Altro esempio è Alviero Chiorri, cui il Presidente disse, romanticamente, come era suo costume: «Sei stato la mia più grande delusione». Ricevendo altrettanto romantica risposta: «Lo so». Come era accaduto, leggenda vuole, con Roberto Baggio, già messo sotto contratto – questo è certo – e poi saltato, in circostanze su cui si dividono gli storici della situazione.
I traguardi. Mantovani ne sapeva, di quello sport, eccome se ne sapeva. Ma ancor più sapeva nei rapporti personali. Altra leggenda, ma neppure troppo, visti i tanti riscontri con l'effettiva realtà delle cose, vuole che il Presidente stipulasse i contratti coi calciatori in bianco e mandasse fuori dalla porta i procuratori, quando uno dei suoi ragazzi si azzardava ad introdurre un terzo nella trattativa. Altri tempi. Fuori dal tempo. Così, però, Mantovani vinse tre coppe Italia, una Supercoppa Italiana, una Coppa delle Coppe, uno Scudetto, ed arrivò ad un niente dalla Coppa dei Campioni. Impossibile, oggi. E siamo d'accordo. Ma era impossibile anche allora. Cioè, quasi impossibile. Perché il Presidente ci riuscì.
Fuori dal tempo. Sono passati quindici anni da quando Paolo Mantovani non cè più, anni in cui la Sampdoria è tornata alla sua dimensione, con tante buonissime regie ma senza orologi al polso. La famiglia blucerchiata ricorda il suo grande padre, oggi che della sua scomparsa è l'anniversario. Ricorda i successi, ricorda l'uomo – chi lo ha conosciuto e chi non lo ha conosciuto mai -, ricorda lo stile, inconfondibile, ricorda le battaglie e ricorda le parole: «L'unica cosa di cui non mi sono mai pentito nella mia vita è essere diventato presidente della Sampdoria». Grazie fuori dal tempo, Paolo.
Nella foto, il presidente della Sampdoria scudettata: Paolo Mantovani.