Genova piange Riccardo Garrone: l'ultimo saluto al nostro Presidente
Stavolta parto davvero, con un vento leggero che mi soffia alle
spalle. Tu dormi bene il tuo sonno, dove vado lo sanno solo le
stelle. Non ci importa dove sia andato, Presidente. Quel che conta è che ci sia stato e che il suo ricordo, i suoi insegnamenti, il suo stile, la sua moralità restino per sempre tra noi. Noi, non la dimenticheremo. Nessuno di quelli che stamattina dentro e fuori la Chiesa del Gesù sono venuti a salutarla per l'ultima volta lo farà.
Non la dimenticheranno neppure gli altri, quelli che non c'erano, ma che hanno avuto il piacere di apprezzarla o
l'onore di conoscerla. Per una chiacchierata, un sorriso, una semplice stretta di mano. Perché lei era così: magari chiuso, scontroso all'apparenza, ma buono dentro, un uomo generoso, sensibile, attento ai bambini e ai meno fortunati.
Ecco perché eravamo in tanti, oggi non voci e canti. Oggi eravamo silenzio, rispetto, applausi. Bandiere, striscioni, ombrelli blucerchiati e non solo. Genova, la sua Genova, il Genoa, gli amici di una vita, le istituzioni tutti uniti per dirle addio e per stringersi attorno alla sua famiglia, a sua moglie Anny, a sua sorella Carla, ai suoi figli, ai suoi nipoti.
Era il padre, il nonno di tutti. Anche delle altre famiglie, la ERG e la Sampdoria. Due storie, due impegni, due passioni differenti, portate avanti però con la stessa linea, la stessa decisione, la stessa serietà.
Forse si sarebbe commosso anche lei nel vedere i suoi ragazzi con gli
scarpini ai piedi accompagnarla sul sagrato e i suoi giovani circondarla
d'affetto per l'abbraccio finale. Il triplice fischio, l'ultima mano di una partita destinata a restarci dentro e a non finire mai.
Stavolta parto davvero, quanto vento stasera che mi soffia alle spalle. C'è solo un'ombra sul cuore, silenziosa e leggera, ma ci dormirò. Buonanotte e buon viaggio, Presidente.