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Gastaldello saluta: «Sono fiero di aver fatto parte della storia blucerchiata»

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Gastaldello saluta: «Sono fiero di aver fatto parte della storia blucerchiata»

Lasciamo da parte preamboli e commenti. Facciamo parlare lui, il capitano, Daniele Gastaldello. «Oggi è il mio ultimo giorno in blucerchiato – comincia nella sala stampa di Bogliasco -, da domani sarò al Bologna. È stata una scelta molto difficile, ma ho dato priorità alla mia famiglia. Ho trovato una piazza importante e un progetto ambizioso: là vogliono fare le cose in grande e soprattutto mi avvicino a casa, come desideravo. Mi spiace lasciare i miei compagni a metà anno, non sono abituato a lasciare le cose a metà, ma sono molto legato alla mia famiglia e in questo momento la priorità sono i miei bambini».

Otto. «Quando uscirò da Bogliasco – continua il numero 28 – lo farò a testa alta: ho sempre dato il massimo e fatto il possibile per la Sampdoria, per i compagni, per la squadra, per la società, mai per me. Tutto ciò è nel mio modo d’essere, nella mia educazione, nel mio fare. Genova e la Sampdoria mi resteranno nel cuore. Gli otto anni qui non si dimenticano. Quando sono arrivato ero un giovane e nessuno mi conosceva; ora vado via da capitano. Ho dato tanto e ricevuto molto, come mi hanno confermato i tantissimi attestati di stima ricevuti in questi giorni».

Varese. Un trasferimento non a cuor leggero. «Ho pensato a questi anni – prosegue – e alla storia della Sampdoria più in generale, e se penso che un pezzettino di questa l’ho fatto pure io, mi vengono i brividi. Ho delle emozioni fantastiche dentro di me: questa piazza mi ha dato tanto. Il momento più bello e quello più brutto? Per il più bello ne metto due alla pari: penso che la partita contro il Napoli per la Champions sia stata bella, la fine di un campionato eccezionale; ma personalmente credo che la doppietta col Varese e la Serie A siano state bellissime. Una prova di squadra, di gruppo in una stagione straordinaria. Il più brutto, beh, potete immaginarlo».

Gruppo. Tra alti e bassi, tante lezioni impartite dal campo: alcune da ricordare con piacere, altre meno. «Per carattere – premette il classe 1983 – penso che sia sempre giusto imparare, da ogni persona, da ogni allenatore. Se uno è intelligente riesce comunque ad apprendere qualcosa, certo ci sono allenatori con cui ti trovi meglio e altri meno». Poi Gastaldello passa all’argomento spogliatoio: «Sono orgoglioso di questo gruppo, di averne fatto parte e di averlo costruito. Dopo la retrocessione è nato qualcosa. Ai miei compagni ho detto che devono essere orgogliosi di farne parte e di difenderlo da chiunque possa rovinarlo. Io credo alla Samp in Europa, non so dirlo con certezza, ma questa squadra si giocherà tanto sino alla fine, perché c’è voglia di andare sino in fondo, di raggiungere l’obiettivo».

Attaccamento. Quello per Bologna è un treno che va preso subito perché potrebbe non passare più. «Nel calcio se lasci una cosa oggi non sai se ti ricapita – commenta Daniele -, da qui la mia decisione di andare. Questa squadra anche senza di me farà bene». Poi, il ragazzo va a ruota libera: «Ricordo la finale di Coppa Italia: c’erano più di ventimila persone blucerchiate, da brividi. Non vi nascondo che ho pianto per la Samp, per le emozioni che mi ha dato. Qui c’è grande attaccamento alla maglia. Ho sempre cercato di essere parte di questa famiglia e di fare il meglio per il Doria. Tutti i ringraziamenti ricevuti sono il segno che la gente ha apprezzato ciò che ho fatto in questi anni, e anche se ho sbagliato, l’ho sempre fatto pensando al bene della squadra».

Bandiera. Prima di concludere, qualche doverosa precisazione. «Io ho fatto una scelta – racconta commosso – e l’ho portata avanti, senza troppi ripensamenti. Devo dire che la società mi ha assecondato e mi ha lasciato andare per riconoscenza, come ha detto anche il mister. Sorvoliamo sui soldi, che me li sono pure tolti, e tutte le altre cose non vere che sono uscite: questa decisione l’ho presa per i miei bimbi, che vengono prima di tutto». Oggi se ne va una bandiera? «Dentro gli spogliatoi di bandiere ne esistono tante – racconta il centrale, 259 presenze doriane in carriera -, ma sono più importanti i ragazzi che si prendono delle responsabilità per la squadra, non le bandiere che restano e stanno mute facendo il male del gruppo. Ho sempre pensato: prima la Samp, poi Gastaldello. Io questi non li chiamo bandiere, li chiamo uomini».

Scelta. «Questo mestiere non dura quarant’anni – considera Gasta – e ci mette davanti a delle scelte: bisogna solo dare il massimo dall’inizio alla fine per la maglia. Ecco tutto. Mi è piaciuto che sia stato fatto un elogio alla persona più che al giocatore: questo è il riconoscimento più bello. Dopo otto anni mi mancherà tanto il Doria, le cose di tutti i giorni: sarà difficile abituarsi. Il mio ciclo con la Sampdoria però è finito, ora cercherò di fare del mio meglio a Bologna, proprio come ho fatto qui». A chi insinua che un motivo del trasferimento possa essere il minutaggio, il diretto interessato replica così: «Le panchine? Non c’entrano. Ho vissuto un anno da Champions e uno da retrocessione: si fa presto a rovinare quanto di buono, per cui non voglio certo mettere zizzania, è giusto che questa scelta non rovini quanto di buono c’è alla Samp. Non serve dire che è stata la società, il mister o cos’altro, è stata una decisione mia, come quella di tanti anni fa di venire qui e non andare al Genoa. Una scelta giusta».

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